Love Actually: perché ri-vederlo a vent'anni dal'uscita (2024)

Come da tradizione, il primo timido affaccio del periodo natalizio porta con sé la voglia di rivedere Love Actually, rom-com di culto di Richard Curtis approdata in sala il 14 novembre 2003 che, a distanza di vent’anni, disponibile su Netflix, non ha perso il suo smalto.

Come una festa comandata, Love Actually bussa ciclicamente sui piccoli schermi di spettatori fedeli e neofiti, regalando loro un ritratto ironico, amaro, divertente e commovente dell’amore. Lo aiuta un cast a dir poco appetitoso, tra cui spiccano i nomi di Hugh Grant, Colin Firth, Keira Knightley, Emma Thompson, Alan Rickman, Liam Neeson e Laura Linney. Tutti volti che, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni ’00 presenziavano nelle pellicole in cima al botteghino. E Love Actually non è da meno: con un budget produttivo di 40 milioni di dollari, il film di Curtis si porta a casa 244 milioni al botteghino.

Ma non tutti sono d’accordo. I critici additano il film come un’ode al buonismo e all’ottimismo scontato, creando un terreno di dibattito e riflessione controverso. Ci sono però più motivi per cui Love Actually continua a conquistare gli spettatori dopo vent’anni e non si tratta solo della strategica operazione commerciale, affiancata dalla mirabile interpretazione dei suoi attori e dalla trainante hit “Love is all around”, reinterpretata nel film da Bill Nighy nella versione “Christmas Is All Around”.

Love Actually è una caleidoscopia di storie d’amore, permeata di una quotidianità che si incolla sulle vite di chi la guarda oltre lo schermo, facendola propria. L’innegabile ottimismo non è un difetto, ma un motore di speranza e di fascinazione che vince in un periodo dell’anno in cui, da manuale, sono tutti più buoni, o almeno cercano di esserlo.

Love Actually, l’eterno ritorno dell’amore sotto il vischio

Love Actually: perché ri-vederlo a vent'anni dal'uscita (1)

In Love Actually, dieci storie d’amore si incasellano a ridosso del Natale. Siamo a Londra, e il film si apre con scorci documentaristici dell’Aeroporto di Heathrow, in cui persone reali si salutano, si abbracciano, piangono e ridono ai gate di arrivo degli aerei. Sin da subito, Love Actually lancia il messaggio di un amore pervasivo, totale, universale, che abita le più sfaccettate relazioni, quelle tra amanti, padri, madri e figli, fratelli e sorelle. Quello spirito si riversa sui protagonisti, intenti a vivere le settimane che precedono il magico arrivo del Natale.

Così Juliet (Keira Knightley) e Peter (Chiwetel Ejiofor) si sposano, mentre il migliore amico di lui, Mark (Andrew Lincoln) nutre un sentimento nascosto nelle retrovie. Al numero 10 di Downing Street si insedia il nuovo Primo Ministro inglese (Hugh Grant), inconsapevole di stare per innamorarsi della sua segretaria Natalie (Martine McCutcheon). Nel frattempo, la sorella di lui, Karen (Emma Thompson), scopre che il marito Harry (Alan Rickman), regala di nascosto una preziosa collana alla sensuale assistente di cui è infatuato, Mia (Heike Makatsch). Harry è anche il capo di Sarah (Laura Linney), da sempre invaghita del collega Karl (Rodrigo Santoro), ma incapace di affacciarsi a una relazione perché occupata a prendersi cura del fratello problematico.

C’è poi lo scrittore Liam (Colin Firth) che, dopo aver scoperto il tradimento della fidanzata, si rifugia a Marsiglia, dove riscopre l’amore con Amelia (Lúcia Moniz). Il piccolo Sam (Thomas Brodie-Sangster), invece, perde la mamma e si ritrova da solo con il patrigno Daniel (Liam Neeson), a cui confessa le sue pene d’amore.

E mentre Kris (Colin Frissell) parte per l’America, stanco delle ragazze inglesi, le controfigure John (Martin Freeman) e Judy (Joanna Page) si innamorano durante le scene di sesso di un loro film e la rockstar dei tempi che furono, Billy Mack (Bill Nighy) lancia un singolo natalizio con l’aiuto del suo storico manager. Spunta quindi un Rowan Atkinson che, nelle vesti di una sorta di personificazione dello spirito natalizio, aiuta a suo goffo modo i personaggi.

L’aeroporto come nonluogo

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Le dieci storie di Love Actually si collocano così su una ruota, che apre e chiude il suo ciclo all’Aeroporto di Heathrow, il primo dell’UE per traffico di passeggeri. Qui transitano le vite di sconosciuti, in un limbo sospeso tra spazio e tempo dove tutto è fuggevole, effimero. Per questo il filosofo, antropologo ed etnologo Marc Augé, scomparso il 24 luglio 2023, definisce l’aeroporto come un nonluogo, uno spazio che esiste nel presente e si trasforma durante il passaggio delle persone che lo attraversano. Love Actually dà concretezza ad alcune di queste vite con le storie dei suoi protagonisti e, al tempo stesso, dà voce a una riflessione esistenziale che va oltre la leggerezza di una commedia romantica.

Emblematica in questo senso è la storia del piccolo Sam, che affronta la perdita della madre con un atto d’amore. Così, sullo sfondo della toccante colonna sonora di Craig Armstrong, Sam attraversa l’aeroporto di Heathrow per dire addio alla sua compagna di classe di cui è innamorato, Olivia, in partenza per gli Stati Uniti. La sua rincorsa all’amore varca uno spazio che non ha una consistenza e una storia se non nel momento stesso in cui Sam gli dona la sua. Ed è così che la magia di Love Actually acquisisce ancora più unicità, in quel momento frenetico, sfuggente, che appaga con un sorriso nell’eterna speranza del lieto fine.

Cosa c’è di peggio della totale agonia dell’amore?

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Non c’è mai stato un lungometraggio a seguito di Love Actually. Nel 2017, a quattordici anni di distanza, però, Richard Curtis è tornato dietro la macchina da presa con alcuni suoi attori per un cortometraggio di dieci minuti realizzato come evento benefico in occasione del Red Nose Day.

Il corto si intitola Red Nose Day Actually e mostra il seguito delle storie di alcuni protagonisti, sempre accompagnate dalla delicata e sfiziosa ironia in scrittura. Quest’ultima è un unicum di Love Actually, un suo carattere distintivo che, ancora una volta, si palesa nelle parole di Sam. Quando il patrigno Daniel prova sollievo nello scoprire che ciò che turba il figlio è l’innamoramento e non qualcosa di peggio, Sam gli risponde: “Peggio della totale agonia dell’amore?”.

Si accende un sorriso, in uno di quegli attimi in cui Love Actually colpisce con una delicatezza impattante. Ed è il ritmo a scandire un film in cui, come in una giostra altalenante, si ride, si piange, si tiene il fiato sospeso anche laddove si conosce l’inevitabile esito positivo. Nonostante Love Actually sposi la simbologia del nonluogo come dimensione in cui i sentimenti lasciano trasparire la loro natura transitoria e fugace, le sue storie racchiudono una consistenza emotiva eternamente attuale. Così, ogni anno, qualcuno si ritrova davanti al suo piccolo schermo a ri-vedere Love Actually, ad assaporarne la riflessione sull’amare e sull’essere amati in un sempreverde messaggio su come dare amore, nonostante tutto.

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